I RIMBORSI CHILOMETRICI AL PERSONALE DIPENDENTE (Il trattamento fiscale)

I RIMBORSI CHILOMETRICI AL PERSONALE DIPENDENTE (Il trattamento fiscale)

rimborsi

Affrontiamo l’argomento dei rimborsi chilometrici erogati al personale dipendente che utilizza il proprio mezzo per lo svolgimento dell’attività lavorativa con particolare attenzione alla loro disciplina fiscale.

Il riferimento legislativo ai fini della tassazione di queste somme è dato dall’art. 51, co. 1 del TUIR che tratta del reddito di lavoro dipendente. In tale disposizione si rinviene che entra a far parte del reddito del dipendente qualsiasi somma o valore che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.  Il successivo comma 5, in particolare, definisce il regime fiscale da applicare alle somme corrisposte al dipendente nell’ipotesi in cui sia incaricato di svolgere l’attività lavorativa al di fuori della normale sede di lavoro, distinguendo a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del Comune ove è ubicata la sede di lavoro.

Missione in territorio extra urbano rispetto alla sede di lavoro: i rimborsi chilometrici erogati per l’espletamento della prestazione lavorativa in un Comune diverso da quello in cui è situata la sede di lavoro sono esenti da imposizione, sempreché, in sede di liquidazione, l’ammontare dell’indennità sia calcolato in base alle tabelle ACI, avuto riguardo alla percorrenza, al tipo di automezzo usato dal dipendente e al costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di autovettura.

Missione in territorio extra urbano rispetto all’abitazione del dipendente: se la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria residenza, la località di missione risulti inferiore a quella calcolata dalla sede di servizio, al dipendente verrà erogato un rimborso chilometrico di minor importo, sempre totalmente non imponibile ai sensi dell’articolo 51, comma 5, secondo periodo, del TUIR. Nell’ipotesi contraria in cui la distanza percorsa dal dipendente per raggiungere, dalla propria abitazione, la località di missione risulti maggiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, al dipendente potrà essere erogato un rimborso chilometrico di importo maggiore ma, la differenza rispetto al rimborso che avrebbe percepito in caso di rimborso calcolato dalla sede di servizio alla località di missione, è da considerarsi reddito imponibile.

Missione in territorio urbano: le indennità erogate per i trasferimenti effettuati all’interno del Comune dove si trova la sede lavorativa sono invece soggette totalmente a tassazione.

In conclusione un breve cenno sulla deducibilità del costo per l’azienda: le tabelle ACI prevedono due tipologie di costi annui di percorrenza: proporzionali e non proporzionali. I primi corrispondono al grado di utilizzo del veicolo (carburante, pneumatici, manutenzione …) e sono interamente deducibili se l’auto del dipendente rientra nella categoria dei 17 cavalli fiscali, se benzina, o dei 20 cavalli fiscali, se diesel. I secondi considerano i costi fissi svincolati da grado di utilizzo del veicolo (assicurazione RCA, tassa automobilistica … ) e se verrà scelto di corrispondere questa tipologia di rimborso l’azienda, ai fini della determinazione del costo chilometrico, potrà riconoscere solo la parte di costi proporzionali (in questo caso il rimborso è interamente deducibile se l’autovettura rientra nella categoria dei 17 cavalli fiscali, se benzina, o 20 cavalli fiscali, se diesel) oppure potrà riconoscere i costi proporzionali e una parte di quelli non proporzionali. In tale seconda ipotesi, i costi non proporzionali dovranno essere computati sulla base dei criteri che tengano conto sia dell’utilizzo personale sia di quello lavorativo. Ad esempio attraverso una suddivisione in base al rapporto tra percorrenza di lavoro e quella privata, oppure mediante una ripartizione regolata sul rapporto tra i giorni impiegati nelle trasferte di lavoro e quelli in cui vi sia stato utilizzo privato.