ESG: COSA POSSONO FARE LE AZIENDE? E PERCHÉ CONVIENE FARLO?

SostenibilitaImpresa

ESG: COSA POSSONO FARE LE AZIENDE? E PERCHÉ CONVIENE FARLO?

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LA PAROLA A GIORDANO MANCINI
Direttore tecnico di UNI-COnsulting srl

GiordanoMancini
Giordano Mancini è innovation manager per l’innovazione green e direttore tecnico di UNI-COnsulting srl, azienda di Bologna attiva nella fornitura di servizi in ambito ESG; è da anni impegnato nella diffusione della cultura della sostenibilità nelle imprese, con particolare riferimento all’innovazione frugale e alla biomimesi, avendo come bussola la ricerca di soluzioni tecnologiche e organizzative con “capacità di futuro”.

Negli ultimi anni il termine “sostenibilità” è diventato una parola usata in quasi ogni ambito delle attività sociali e culturali delle persone che vivono nei paesi più sviluppati. Si sente parlare di sostenibilità delle filiere alimentari, dei mercati, del turismo, dell’illuminazione pubblica, dei parchi, degli animali domestici e di quasi ogni altra attività umana.
Ovviamente le aziende non fanno eccezione, anzi, lo sviluppo sostenibile è stato uno dei primi ambiti di utilizzo del termine in questione.
Però non è così chiaro per tutti, a volte anche per gli imprenditori, in cosa consiste la sostenibilità per le imprese.

Facendo un po’ di storia, inizialmente si trattava, in sintesi, di ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi e dei prodotti. Successivamente si sono aggiunti aspetti etici e sociali, riguardanti il trattamento dei lavoratori e dei fornitori, con particolare attenzione all’utilizzo dei bambini in alcune fasi del lavoro, specialmente nei paesi in via di sviluppo.
Infine si sono aggiunti aspetti legati alla conduzione dell’azienda, alla parità di genere e alla continuità del business, messo a rischio da molte potenziali minacce sia esterne che interne.

Ovviamente l’insieme di comportamenti che l’azienda mette in opera per diventare sostenibile, nelle varie declinazioni descritte sopra, la rende attraente per i clienti, sia in ambito B2B sia nel B2C, quindi abbastanza velocemente la comunicazione delle imprese, di ogni settore e dimensione, si è orientata verso i temi della sostenibilità.
Purtroppo non sempre tale comunicazione, magnificata nei profili aziendali e nelle pubblicità, corrisponde al vero, tanto da far nascere il termine “greenwashing”. Si tratta di una parola nata negli USA e si può tradurre come “una lavatina verde”, per far credere al cliente che l’azienda e i suoi prodotti sono sostenibili, anche quando non è vero.

In Italia, da qualche anno, abbiamo il reato di greenwhasing e alcune aziende hanno già subito delle condanne. Anno dopo anno è apparsa sempre più evidente la necessità di una maggiore trasparenza, di una rendicontazione puntuale della sostenibilità delle imprese, con dati e informazioni circostanziate, non semplici proclami o dichiarazioni.
Si è iniziato a parlare di Corporate Social Responsability (CSR), ovvero di responsabilità sociale delle imprese, e a redigere ogni anno una Dichiarazione Non finanziaria (DNF) da allegare al consueto bilancio economico e finanziario.

Cosa si intende per ESG: significato e obiettivi

I numerosi aspetti che sostanziano il termine “sostenibilità” sono stati definiti nell’Agenda ONU 2030, sottoscritta nel 2015 da ben 193 nazioni.
L’Agenda richiama i governi e le popolazioni ad impegnarsi in uno sforzo corale per conseguire 17 obiettivi per la sostenibilità, i quali abbracciano diversi ambiti, dalla lotta alla fame e alla povertà alle cure e all’istruzione per tutti, da una riduzione dell’impatto ambientale all’economia circolare e all’uso di energia da fonti rinnovabili, passando per la tutela degli ambienti marini e terrestri.
I 17 obiettivi sono sostanziati da 169 target operativi e vengono spesso sintetizzati con le “3P” di Planet, People e Prosperity. Le aziende di ogni parte del mondo sono chiamate a contribuire all’impegno per la sostenibilità, sulla base degli obiettivi e dei target applicabili.

Si tratta di un’Agenda lungi dall’essere perfetta, frutto di una lunga mediazione fra nazioni e interessi sovranazionali, ma ha il vantaggio di portare ad un linguaggio condiviso da quasi tutte le nazioni del mondo … almeno finora, prima dello scoppio delle recenti guerre! In ogni caso, rappresenta certamente una buona base di lavoro ed è il riferimento per le norme europee e nazionali e non solo.

L’acronimo di Environment, Social e Governance, “ESG”, sintetizza i 17 obiettivi per la sostenibilità dell’Agenda Onu 2030 e prende in considerazione l’impatto ambientale, quello sociale e le modalità di governo e gestione delle aziende.
È diventato un riferimento internazionale per la sostenibilità nelle imprese ed è la base di ogni tipo di rendicontazione.
Vediamo in sintesi quali sono i principali aspetti che vengono considerati in ambito ESG.

InEnvironmentsi considerano gli impatti ambientali dei processi e dei prodotti dell’azienda, in particolare, ma non solo:

  • l’uso o meno di sostanze tossiche nei prodotti e nei processi, pericolose per la salute e per la biodiversità;
  • il tipo di rifiuti prodotti, le quantità di riuso e riciclo e la circolarità dei materiali e degli imballaggi;
  • le emissioni di CO2 e di altre sostanze volatili tossiche;
  • i consumi di energia e le fonti utilizzate per produrla o acquistarla;
  • i consumi di acqua e l’eventuale depurazione e riuso delle risorse idriche impiegate nei processi produttivi;
  • l’impatto del prodotto in relazione alle emergenze globali (riscaldamento globale, buco dell’ozono, acidificazione dei mari, ecc.) durante l’intero ciclo di vita.


In Social si considerano gli impatti sociali dell’impresa in particolare nei seguenti ambiti:

  • la corretta e accurata gestione della sicurezza e del benessere dei lavoratori;
  • l’attenzione e l’applicazione della parità di genere, anche a livello apicale;
  • l’attenzione e l’applicazione della cura per la diversità e inclusione;
  • la presenza di adeguati programmi di formazione per il personale;
  • l’attenzione e l’applicazione di regole per la conciliazione fra lavoro e vita privata;
  • la presenza di forme di welfare aziendale;
  • eventuali attività filantropiche e progetti benefici per il territorio;
  • l’impegno per l’innovazione tecnologica e per l’export, che aumentano la competitività dell’azienda con ricadute sociali per i lavoratori e per il territorio/distretto produttivo;
  • la presenza di progetti in collaborazione con altre imprese.


In Governance si considerano le responsabilità dell’impresa, in particolare nei seguenti ambiti:

  • tipologia ed efficacia del governo aziendale, anche in termini di presenza femminile nel CDA e nel top management;
  • “compliance” generale, ovvero il rispetto puntuale di ogni legge e regolamento applicabile in azienda;
  • presenza o meno di codici etici e di procedure anti corruzione;
  • presenza e applicazione di organizzazione e di “adeguati assetti” secondo D. Lgs. 231/2001;
  • presenza o meno di uno staff o di una persona responsabile per la sostenibilità in azienda;
  • presenza e accuratezza di un’analisi dei rischi, espressa in forma dinamica e continuativa e non episodica;
  • attenzione alla business continuity, con programmi di prevenzione a livello di security, cyber security, accantonamenti, assicurazioni, ecc.;
  • attenzione e abitudine alla trasparenza e alla rendicontazione.


Quanto sopra, in maniera sintetica e non esaustiva, offre una panoramica di quanto è articolato e pervasivo l’approccio ESG a livello aziendale.

Non si tratta certamente di qualcosa di semplice o privo di impatto, ma consente all’azienda di crescere e diventare sempre più competitiva sotto ogni punto di vista.

Perché alle imprese conviene investire in ESG

Affrontando in una logica chiara e ordinata le tre macroaree espresse con l’acronimo ESG, l’imprenditore si ritrova in mano uno strumento di gestione aziendale molto avanzato, utile prima di tutto alla sua impresa e in grado di “rendere conto” all’esterno.
Ogni azienda è diversa dall’altra, in termini di mercato, obblighi di legge, situazione finanziaria, clima aziendale, ecc., quindi non è il caso di generalizzare i vantaggi nell’implementare le tematiche ESG in azienda.

Però è possibile fare un elenco di tali vantaggi, in modo da consentire a all’imprenditore, al manager, al consulente, ecc., di riflettere e valutare i benefici dell’approccio ESG.

Vediamo prima i vantaggi in termini generali:

  • se si rientra negli obblighi di legge, ovviamente c’è il vantaggio di essere in regola! In questa specifica condizione, prima si inizia e meglio è, perché le rendicontazioni fanno riferimento all’anno precedente rispetto a quello in cui scatta l’obbligo.

  • il mercato apprezza molto le aziende che fanno riferimenti ai temi ESG.
    In particolare, se si è fornitori di un cliente a sua volta obbligato per legge, o volontariamente impegnato sui temi ESG, invierà questionari e chiederà di partecipare all’impegno per la sua rendicontazione.
    Rispondendo correttamente e in modo competente, aumenterà la fidelizzazione e la fiducia col cliente medesimo.

  • a seguito dell’implementazione a livello europeo della “tassonomia green”, le banche sono tenute ad aggiungere un rating ESG nella valutazione del merito creditizio.
    Quindi, in caso di necessità di finanziare la produzione o un nuovo progetto, certamente si riceveranno dei questionari ESG.


In generale, si ha un aumento della competitività per tutte le ragioni espresse o accennate nei punti precedenti.

Più nel dettaglio, di seguito un elenco certamente non esaustivo con alcuni vantaggi specifici derivati dall’implementazione dei temi ESG, partendo dalle azioni per la “E” di Environment:

  • riduzione dei costi grazie all’efficientamento energetico e all’auto produzione di energia da fonti rinnovabili, che spesso ripaga in fretta gli investimenti;
  • possibilità di valorizzare i propri scarti grazie alla “simbiosi industriale”, ovvero all’utilizzo dei rifiuti di processo da parte di un’altra azienda che li acquista come materia seconda;
  • individuazione ed utilizzo di nuove tecnologie green o bio ispirate, innovative e competitive;
  • ottimizzazione e recupero degli imballaggi, miglioramenti e risparmi nella logistica;
  • aumento dell’attrattività e della competitività dei propri prodotti nei mercati di riferimento.


Alcuni dei vantaggi derivati dalle azioni per la “S” di Social:

  • miglioramento del clima aziendale e del livello di produttività nei reparti e negli uffici;
  • diminuzione del turn over e dei costi per la formazione e l’addestramento dei nuovi dipendenti;
  • maggiore attrattività verso i migliori talenti disponibili nel mercato del lavoro;
  • miglioramento delle performance aziendali grazie al mix dato da parità di genere e inclusione;
  • migliori relazioni con il territorio, con la comunità locale e con le amministrazioni.

 

Alcuni dei vantaggi derivati dalle azioni per la “G” di Governance:

  • aumento della reputazione aziendale verso i clienti, i fornitori, i dipendenti, la comunità locale e le banche;
  • maggiore sicurezza di “business continuity” e di assenza, o riduzione, di fermi della produzione, perdita dei dati, ecc.;
  • maggiore trasparenza e chiarezza verso ogni genere di stake holder;
  • diminuzione dei rischi legali per gli amministratori.

Cosa possono fare le imprese?

Per prima cosa i vertici delle imprese dovrebbero informarsi bene e capire quali sono le opportunità e le difficoltà per la propria azienda nell’approcciare ai temi ESG.

Come per ogni altra cosa così importante e pervasiva, occorre darsi una strategia e una tempistica adeguate alle proprie possibilità e necessità. L’eventuale transizione aziendale verso la sostenibilità non può che avvenire per gradi, visto che alla base di tutto c’è un cambio o un adeguamento culturale.

Accedendo ad un assessment ESG, effettuato da esterni che non conoscono l’azienda, quindi che vedranno in maniera neutra tutto quello che c’è o che manca, si scoprirà che numerose attività riferibili ai temi ESG sono già presenti. Questi possono essere rapidamente valorizzati e comunicati, possono anche costituire la base per una DNF o per un bilancio di sostenibilità. Anche molte delle norme e delle certificazioni già applicate nelle aziende da anni, come le ISO 9000, le ISO 14000, le SA 8000, ecc., costituiscono dei validi supporti per lo sviluppo di attività ESG.
Poi si capirà quel che manca e per quello si farà una strategia, definendo modi, costi e tempi di implementazione degli adeguamenti.

Per un primo approccio, può essere molto utile suddividere il lavoro secondo lo schema proposto dalle linee guida di Assindustria per la rendicontazione di sostenibilità nelle PMI, che individua otto aree di responsabilità dell’azienda.
Queste sono:
Governance e compliance
Responsabilità economica
Rresponsabilità verso i clienti
Responsabilità verso i dipendenti
Responsabilità verso i fornitori
Responsabilità ambientale
Responsabilità verso la comunità locale
Economia circolare.

Questa schematizzazione dei temi ESG aiuta molto ad analizzare la situazione esistente e ad individuare soluzioni, ma bisogna tenere presente che è tutto correlato e che la suddivisione serve solo a facilitare il lavoro.
Ad esempio, la parità di genere che trovo nell’area di Responsabilità verso i dipendenti è presente anche nell’area Governance e compliance.
Allo stesso modo ci sono quasi sempre importanti correlazioni tra Responsabilità ambientale, Governance e compliance ed Economia circolare e via così.

Una volta compreso a quale livello ci si trova e definita una strategia, si può valutare l’opportunità, se non si rientra già negli obblighi di legge, di programmare una rendicontazione di qualche tipo.
Questa può essere costituita da un semplice report integrato riferito ai temi ESG, oppure da un più completo bilancio di sostenibilità, che può essere redatto in riferimento alla letteratura di settore, oppure secondo gli standard di rendicontazione internazionali, i Global Reporting Initiative, noti come GRI, oppure quelli europei, gli European Sustainablility Reporting Standards, ancora in fase di rilascio.
GRI ed ESRS sono riferimenti obbligati per chi è tenuto alla rendicontazione, secondo quanto indicato nelle direttive 2014/95/UE (NFRD) e 2022/2464/UE (CSRD). Tali direttive indicano la tipologia, la dimensione e i tempi entro i quali le imprese rientrano nei nuovi obblighi di rendicontazione per la sostenibilità.

In ogni caso una buona rendicontazione aiuta a riunire in maniera organica tutte le attività sviluppate nei vari settori aziendali per la sostenibilità e a comunicarle al meglio, sia all’esterno sia all’interno dell’azienda.

Quali sono i rischi ESG

La via verso la sostenibilità secondo i criteri ESG, salvo stravolgimenti imprevedibili, magari di natura geopolitica, è attualmente una strada obbligata per le imprese europee.

Perciò non è una questione del se farlo, ma di quando farlo.

Anche le PMI che risultano escluse dagli obblighi di rendicontazione, se operano nell’ambito B2B o se hanno bisogno di un finanziamento bancario, dovranno in qualche modo approcciare ai temi ESG.

Anche in ambito B2C, bisogna considerare che i clienti sono sempre più sensibili alla sostenibilità, magari non sanno il significato dell’acronimo ESG, ma la sostanza dell’impegno per le aziende non cambia.

Fatta questa doverosa premessa, un primo rischio da tenere in considerazione nell’approccio ai temi ESG è quello di fare le cose in fretta, magari all’ultimo minuto.
Come accennato sopra, in questo ambito è indispensabile un approccio graduale, che dia il tempo alle persone di comprendere e di far propria la cultura della sostenibilità, specialmente a quelle del top management e agli “opinion leader” in grado contribuire ai cambiamenti culturali e di comportamento all’interno dell’azienda. Tempi stretti poi significa investimenti da fare in un periodo ristretto e quindi più “pesanti” a bilancio, con rientri che possono richiedere, per fortuna non sempre, anche degli anni. Sempre meglio muoversi per tempo, gradualmente e con una precisa strategia.

Oltre al fattore tempo, il rischio principale per l’azienda, nell’approcciare ai temi ESG è quello di farlo controvoglia, vivendolo come un obbligo, che sia di legge o di mercato, invece che come un’opportunità di business.
Un antico proverbio, forse dell’antica Roma, forse etrusco, recita così: “Il fato è per l’uomo come un fiume dalla corrente impetuosa, che accompagna dolcemente chi vi si abbandona e trascina rudemente chi vi si oppone”.
In questo caso, parlando di aziende, forse è più opportuna la metafora delle onde del mare, ma alla fine il senso è lo stesso. Se abbiamo delle grandi “onde” che orientano il mercato in una certa direzione, e ve ne sono di continuo, si può scegliere e fare surf sulla cresta dell’onda e andare più veloci, o se farsi travolgere e trascinare dalla massa d’acqua, traendone rallentamenti e magari anche qualche danno. Più di tante “onde” del passato, i temi ESG portano assieme agli obblighi numerosissime opportunità, per i seguenti motivi:

  • hanno un approccio organico, che abbraccia tutta l’azienda, offrendo un nuovo e utilissimo punto di vista, che di fatto è un nuovo strumento gestionale;

  • contengono tantissima innovazione, sia tecnologica, sia in termini di metodi e di soluzioni, contribuendo in modo significativo alla competitività dell’azienda, un “booster” paragonabile a quello fornito dall’informatica;

  • tengono conto delle persone, dell’ambiente, dell’energia, dell’acqua, dello sviluppo tecnologico, della finanza e di tante altre cose che sono sia all’interno che all’esterno dell’azienda, fornendo inaspettati e utili nuovi collegamenti; come se fossero nuove sinapsi tra i neuroni, aumentando l’intelligenza complessiva del sistema in cui si vive e si lavora;

  • aumentano il senso di responsabilità dell’imprenditore verso ogni ambito e verso ogni stake holder coinvolto nella sua realtà aziendale, ma offre anche una maggiore serenità di stare facendo tutto al meglio per la sua azienda, per i suddetti stake holder… e anche per il pianeta e per le future generazioni.

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